Girotti, M., De Iasio, S., Orrù, A., Boano, R., Boetsch, G. 2017. Opportunità di selezione naturale in una comunità alpina dell’Antico Delfinato. Antropo, 38, 1-12. www.didac.ehu.es/antropo


 

Opportunità di selezione naturale in una comunità alpina dell’Antico Delfinato

 

Opportunity for Natural Selection in an Alpine community of Antico Delfinato

 

M. Girotti1, S. De Iasio2, A. Orrù1, R. Boano1, G. Boetsch3

 

1 Dip. Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi. Università di Torino (Italia)

2 Dip. Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale. Università di Parma (Italia)

3 UMIESS3189 (CNRS/UCAD/UGB/USTTB/CNRST). Dakar.

 

Parole chiave: selezione naturale, Indice di Crow, popolazioni alpine

 

Key words: natural selection, Crow's Index, alpine population

 

Abstract

Nelle popolazioni umane il successo riproduttivo dipende dal numero totale di discendenti che ogni coppia o meglio, ogni donna, lascia alle generazioni successive. Tuttavia la selezione naturale non opera solo attraverso la fecondità differenziale, in quanto la fitness biologica è determinata anche dalla sopravvivenza dei discendenti, almeno fino al raggiungimento della loro età riproduttiva.

Il presente studio è stato condotto sulla popolazione di Chiomonte, piccolo comune rurale della Val di Susa (Piemonte, Italia). Sono state analizzate le variazioni dell’indice di opportunità di selezione naturale di Crow (It) e delle sue componenti (indici di mortalità preriproduttiva Im e di fecodità If) dal 1670 al 1830. In questo intervallo di tempo nella comunità si sono verificati importanti cambiamenti che, a livello economico e sociale, hanno avuto ripercussioni su alcuni aspetti relativi alla struttura delle famiglie e alla loro discendenza.

A partire dagli atti di matrimonio, battesimo e decesso riportati nei registri parrocchiali è stato possibile ricostituire le famiglie “biologiche” e analizzare la storia riproduttiva di circa l’80% delle donne sposate, valutando il numero di figli avuti da ciascuna in relazione all’età al matrimonio e alla sua durata. L’analisi dell’interazione tra i patterns di mortalità e l’opportunità di selezione naturale ha permesso di comprendere le potenziali implicazioni delle crisi di mortalità e soprattutto il ruolo che la mortalità infantile aveva in passato. Questa, infatti, si mantiene su valori prossimi al 250‰ fino alla seconda metà del XVIII secolo per poi abbassarsi a valori mediamente inferiori al 220‰, comportando una diminuzione del peso della componente di mortalità preriproduttiva sulla opportunità di selezione totale. Nel trend di variazione di It, infatti, si possono identificare due periodi: un primo, dal 1670 fino alla metà del XVIII secolo, nel quale It presenta un andamento relativamente costante e un secondo in cui tende a diminuire progressivamente. Negli ultimi periodi, infine, si osserva la tendenza a un progressivo aumento della componente legata alla fecondità.

 

Abstract

The reproductive success in human populations depends on the total number of descendants that each couple (or each woman) leaves to subsequent generations.

Natural selection does not work only through differential fertility, in fact biological fitness is also determined by the survival of the descendants, at least until their reproductive age is reached.

The present study was conducted on the population of Chiomonte, a small rural village in the Susa Valley (Piedmont, Italy). We analyzed variations of the Crow’s index of opportunity for natural selection  (It) and its components (Im and If) from 1670 to 1830. During this timeframe, major economic and social changes occurred in the community, which have had repercussions on certain aspects of the structure of the families and on their descendants.

Drawing from marriage, baptism, and death acts recorded in the parish registers, it was possible to reconstruct "biological" families in order to analyse the reproductive history of about 80% of the married women, by assessing the number of children each of them had in relation to their age at marriage and its duration.

The analysis of the interaction between mortality models and the opportunity for natural selection has allowed us to understand the potential implications of mortality crises and, above all, the role that infant mortality had in the past. This remains at values up to 250 ‰ until the second half of the eighteenth century and then reduces to mean values below 220 ‰, with a consequent reduction of the importance of the pre-reproductive mortality component on total selection.

Two periods can be identified in the trend of It's variation: first, from 1670 until the middle of the eighteenth century, where it remains relatively constant, and a second in which it tends to decrease progressively. Furthermore, we observed a trend of progressive increase in the fertility component.

 

Introduzione

La selezione naturale, che è alla base della teoria evoluzionistica darwiniana, è uno dei più importanti fattori che provocano cambiamenti nel pool genico delle popolazioni umane. Essa esplica la sua funzione mediante l’azione di due meccanismi demografici: la sopravvivenza differenziale e la fecondità differenziale. La sopravvivenza differenziale garantisce agli individui più idonei di rimanere in vita almeno fino all’età riproduttiva, mentre gli “inidonei” muoiono prima; tale meccanismo può essere visto anche nell’ottica opposta, cioè di “mortalità differenziale”. La fecondità differenziale consente ai più idonei di lasciare una prole più numerosa e ai meno idonei di lasciare meno figli o non lasciarne affatto: il successo riproduttivo di differenti genotipi dipende dal numero totale di figli per coppia - o, meglio, per donna - lasciati alle generazioni successive (Jacquard, 1970).

L’analisi dei trend nella struttura demografica di una popolazione è un valido strumento di indagine micro-evolutiva e le variazioni nel tempo di parametri demografici, come la fecondità e la mortalità preriproduttiva, possono riflettere processi di selezione naturale ed essere di grande interesse negli studi di genetica di popolazione (Terrenato et al., 1979; Alfonso-Sanchez et al., 2004).

Nelle moderne società occidentali, caratterizzate da alti livelli di industrializzazione e urbanizzazione, grandi miglioramenti nelle condizioni socio-economico-culturali, igienico sanitarie e sviluppo della moderna medicina preventiva hanno determinato una drastica riduzione della mortalità preriproduttiva e in particolare di quella infantile e neonatale (Zonta et al., 1997; Ulizzi et al., 1998; Astolfi et al., 2000). Rispetto al periodo preindustriale infatti le risposte alle fluttuazioni ambientali risultano più efficaci; la pressione della selezione dovrebbe quindi essersi ridotta con il trascorrere del tempo, fenomeno conosciuto come “relaxation of natural selection” (Ulizzi and Terrenato 1987, 1992).

Le società preindustriali, invece, sono state caratterizzate da ricorrenti crisi demografiche, risultato di un ambiente più instabile e imprevedibile (Palloni et al., 1988). È generalmente riconosciuto che epidemie, carestie e guerre rappresentino i più importanti fattori nel determinare riduzione e cambiamento strutturale di una popolazione (Del Panta, 1980; Alfonso-Sánchez et al., 2004). Durante questi episodi catastrofici, cambiamenti delle caratteristiche demografiche (mortalità preriproduttiva, fecondità, nuzialità e movimenti migratori, che spesso si discostano largamente dai loro livelli di equilibrio) possono riflettersi sui processi selettivi (Terrenato et al., 1979; Reddy and Chopra, 1990; Ulizzi et al., 1998). Queste variabili operano singolarmente o in sinergia per determinare la fitness di una particolare popolazione in un ambiente specifico (Mohan Rao et al., 2015). Inoltre esse hanno una forte influenza sulle conseguenze genetiche a lungo termine (Bittles, 1994; Mielke and Pitkänen, 1989).

Le crisi di popolazioni sono spesso avvenute in passato quando la disponibilità dei dati demografici era frammentaria o mancante; pertanto le informazioni riguardanti la mortalità per sesso o età (che sono di grande utilità per valutare le conseguenze biologiche di una crisi) sono spesso incomplete oppure inesistenti (Watkins and Menken, 1985; Palloni et al., 1988; Mielke and Pitkänen, 1989). Le implicazioni demografiche, genetiche ed evolutive, correlate alle crisi preindustriali, non sono quindi ancora adeguatamente comprese soprattutto a causa della scarsità di statistiche ragionevolmente affidabili. È estremamente importante, per quanto possibile, esaminare l’insieme dei dati, l'intensità e l'impatto delle crisi nel contesto storico del momento; inoltre dovrebbe essere data particolare attenzione a quelle situazioni critiche per le quali esiste una documentazione ampia e precisa (Pitkänen et al. 1989; Del Panta and Rettaroli, 1994; Alfonso-Sanchez et al., 2004).

La severità di una crisi dipende da due fattori, entrambi correlati alla struttura della popolazione per sesso ed età: la sua resilienza e la dimensione delle perdite subite. Una crisi che colpisce le classi più giovani e quelle in età riproduttiva avrà conseguenze che sono più gravi nel medio e nel lungo termine - per le stesse perdite complessive – di una che interessa soprattutto le persone anziane (Del Panta, 1980). Studiarne gli effetti sulle dinamiche demografiche significa anche valutare il peso delle diverse componenti della selezione naturale; sebbene sia difficile misurarne l'intensità direttamente nelle popolazioni umane, è possibile valutarne gli effetti, anche da un punto di vista puramente demografico, analizzando le tendenze riproduttive in una generazione di donne oppure attraverso il calcolo dell’indice di opportunità della selezione naturale (Crow, 1958). Tale indice, sebbene non possa essere considerato di tipo analitico in quanto non dà informazioni sulla relazione tra un particolare genotipo e la sua fitness, permette di valutarne i cambiamenti mediante specifici tassi di natalità e mortalità (Alfonso Sanchez et al., 2004). Questo metodo di calcolo, definito come una funzione di due componenti demografiche, fornisce il limite superiore del valore dell’opportunità selettiva che esiste in ogni popolazione e potrebbe misurare l’effettiva selezione solo se le ereditabilità delle fitness fossero complete e se i tassi di natalità e mortalità dipendessero totalmente da fattori genetici. Nonostante tali limiti, l’indice di Crow è stato largamente usato negli studi di popolazioni umane. Il metodo fornisce una media di confronto tra la fecondità differenziale e la mortalità, fenomeni necessari - ma non sufficienti - affinché avvenga la selezione. Poterlo calcolare, in totale assenza dell’ammontare della popolazione e della sua struttura per età, è fondamentale perché è molto difficile disporre dell’una o dell’altra: occorrerebbe essere in possesso di almeno uno stato delle anime o un censimento, documentazione non comune per le popolazioni del XVII-XVIII secolo (Redy and Chopra, 1990; Lakshmi et al., 2005; Prakash and Narayanan, 2009).

 

Materiali e metodi

Questo studio è stato condotto sulla popolazione di Chiomonte, un piccolo comune rurale della Val di Susa (Piemonte, Italia) situato a circa 750 m slm. Nel periodo analizzato (1670-1829), il numero di residenti non superava i 1500 abitanti. Grazie alla sua strategica posizione geografica, al confine tra Delfinato e Ducato di Savoia, per secoli le attività commerciali furono molto sviluppate (Casalis, 1837). Dal punto di vista storico Chiomonte appartenne all’antico Delfinato fino al 1713 quando, al termine della guerra di successione spagnola, passò sotto il Ducato di Savoia. L’influenza d’Oltralpe continuò comunque a farsi sentire considerevolmente almeno fino all’Unità d’Italia.

Chiomonte dispone di una ricca documentazione relativa agli atti di battesimo, di matrimonio e di sepolture, risalente alla seconda metà del XVII secolo. È stato quindi possibile effettuare la ricostruzione delle famiglie biologiche a partire dagli atti costitutivi di matrimonio, associando a ciascuno di essi le storie individuali dei figli (Fleury and Henry, 1976). Le dinamiche riproduttive di ciascuna donna sono state raccolte nelle fiches des familles che hanno costituito la base per lo studio della mortalità e della fecondità necessarie per il calcolo dell’indice di Crow.

Per il periodo 1670-1829 sono stati analizzati 9223 atti di battesimo, 8941 di sepoltura e 2035 di matrimonio. Le famiglie ricostruite sono state riunite in otto coorti ventennali aventi come origine la data di celebrazione del primo matrimonio.

Per l'analisi della mortalità è stata considerata, oltre alla mortalità in generale, anche quella infantile (precedente il compimento del primo anno di vita) e quella giovanile o preriproduttiva (entro il 16° anno di età).

La fitness è stata valutata considerando il numero complessivo di figli avuti da ciascuna donna; sono stati selezionati sia i matrimoni delle spose alle prime nozze sia le eventuali unioni successive e sono state considerate solo le spose per le quali è stato reperito l’atto di morte, così da avere notizie certe sulla durata del matrimonio e sull’esplicarsi del potenziale riproduttivo.

È stato calcolato il numero medio di figli delle donne che hanno completato il ciclo riproduttivo (età alla morte > 45 anni) mettendolo in relazione alla durata del matrimonio e all’età della donna alla prima unione.

Sono stati esclusi i pochi casi di donne per le quali non è stato possibile attribuire il numero di figli in quanto sono stati ritrovati solo gli atti di decesso dei bambini e non quelli di nascita; si tratta delle cosiddette naissances perdues, cioè bambini nati o battezzati in altre parrocchie e che sfuggono al conteggio (Schiaffino, 1978).

 

Opportunità della selezione naturale

Per valutare l’opportunità della selezione naturale è stato utilizzato l’indice di Crow (1958):

 It = Im + (1/Ps)If 

dove:     

Im = Pd/ Ps (Indice di mortalità preriproduttiva), essendo

Pd = proporzione di individui deceduti in età preriproduttiva (< 16 anni)

Ps = proporzione di individui che hanno raggiunto l’età adulta (≥ 16 anni)

If = δ22 (Indice di fecondità) dove:

δ2 = varianza del numero dei nati vivi del periodo

μ = numero medio dei nati vivi del periodo

Poiché non è stato possibile reperire l’atto di decesso nel 10% circa dei figli inseriti nelle famiglie ricostruite It è stato calcolato in due modi: nel primo considerando solo i sopravvissuti certi ai 16 anni, per i quali è stato rinvenuto l’atto di decesso; nel secondo, considerando sopravvissuti tutti i giovani per i quali non è stato trovato l’atto di decesso, ipotizzando che avessero raggiunto l’età adulta e fossero emigrati.

 

Risultati

Popolazione

Dall’analisi degli atti di nascite, decessi e matrimoni è stato possibile riconoscere importanti differenze nel numero degli eventi tra un anno e l’altro (Fig. 1).

Per quanto riguarda i decessi è possibile riconosce le crisi di mortalità che hanno colpito la popolazione; la più importante di queste è conseguente a “febbri maligne” che si manifestarono in Alta Val di Susa dall’autunno del 1690 alla fine del 1692 in occasione del passaggio di truppe francesi e che decimarono molte persone (Baccon Bouvet, 1999). A Chiomonte l’epidemia colpì inizialmente i soldati a partire dalla fine di ottobre 1690 e da dicembre si diffuse a tutta la popolazione prolungandosi sino al maggio del 1691. Si tratta di una grave crisi in quanto l’incremento percentuale di decessi supera il 300% della media degli eventi dei periodi non interessati da crisi (Del Panta, 1980).

Le nascite, pur presentando anch’esse notevoli variazioni puntuali, tendono ad aumentare progressivamente; alla fine del XVIII secolo si osserva un importante incremento e nel primo ventennio del XIX secolo risultano sempre mediamente superiori ai decessi.

 

Figura 1. Matrimoni, nascite e decessi.

Figure 1. Marriages, births and deaths.

 

Le vicende storiche e le economie locali hanno avuto importanti ripercussioni sul comportamento matrimoniale. Chiomonte, per la sua posizione geografica e per gli scambi commerciali, risulta aperta fin dal XVII secolo, infatti mediamente oltre il 20% delle unioni sono esogamiche.

Si osservano importanti decrementi delle unioni nei periodi di crisi di mortalità dovuti a epidemie o a momenti di difficoltà conseguenti a eventi bellici. L’aumento delle unioni, una volta passato il periodo critico, rappresenta la classica risposta delle popolazioni a una crisi di mortalità: particolarmente importante è stato, ad esempio, il picco osservato dopo la grave epidemia del 1690-1690. Nonostante questi comportamenti e il conseguente aumento delle nascite il saldo naturale si mantiene negativo fino alla fine del XVIII secolo anche se negli ultimi decenni si manifestano i segnali di un cambiamento di tendenza.

 

Mortalità infantile e giovanile

Come si può osservare nella figura 2 i morti infanti rappresentano in media un quarto dei decessi totali per tutto il periodo considerato, ad eccezione del ventennio 1690-1709, quando scendono a circa il 20%, a seguito di una importante crisi di mortalità avvenuta tra la fine del 1690 e l’inizio del 1691 che ha maggiormente inciso sulla frazione adulta della popolazione (Boëtsch et al., 2007). Leggermente più elevata è la mortalità dei giovani tra 1 e 15 anni con percentuali che superano anche il 30% dei decessi totali. Complessivamente la mortalità infanto-giovanile costituisce oltre il 50% dei decessi.

La forte diminuzione percentuale dei morti infanti nel periodo 1690-1709 è conseguente alla grave crisi del 1690-1691. Durante questo periodo il livello generale della mortalità aumenta e la percentuale di bambini al di sotto dell’anno si riduce proporzionalmente al 10%, mentre risultano molto superiori le altre classi di età. È una crisi di mortalità che colpisce particolarmente la componente giovanile e dei giovani adulti, con un forte impatto negativo sulla velocità di ripresa della popolazione.

La mortalità infantile presenta una lenta ma progressiva diminuzione seppur con qualche fluttuazione sebbene, fino al 1770, si mantenga su valori prossimi al 250‰. Dalla seconda metà del XVIII secolo si abbassa ulteriormente presentando valori mediamente inferiori al 220‰.

Come si può notare dalla figura 3 la mortalità neonatale (decessi avvenuti entro il primo mese di vita), anche se con differenze più o meno marcate, è sempre superiore alla post neonatale (decessi tra il secondo e il dodicesimo mese di vita).

Relativamente alla mortalità neonatale risulta che la componente precoce rappresenta sempre oltre il 50% degli eventi.

 

Figura 2. Mortalità per fasce di età.

Figure 2. Mortality by age groups.

 

Figura 3. Mortalità infantile e sue componenti.

Figure 3. Infant mortality and its components.

 

Ricostruzione famiglie e fitness

In regime di fecondità naturale il numero dei figli è legato all’età della madre al matrimonio e alla durata del matrimonio stesso. A Chiomonte la maggior parte delle donne si sposava tra i 20 e 24 anni. Il numero medio dei figli passa da circa 2 per le unioni che durano meno di 10 anni a 6 per le unioni che durano più di 20 anni (Tab.1).

 

Anni

0-9 anni

0-9 anni*

10-19 anni

10-19 anni*

>20 anni

>20 anni*

1670-1689

1,90

2,30

4,50

4,96

6,36

6,74

1690-1709

1,66

2,29

4,18

4,77

6,70

7,21

1710-1729

2,54

3,14

4,81

5,38

6,38

7,19

1730-1749

1,97

2,48

4,43

4,68

6,00

6,34

1750-1769

1,79

2,26

4,76

5,03

6,33

6,58

1770-1789

2,00

2,52

3,97

4,56

5,98

6,44

1790-1809

1,74

2,04

4,16

5,16

5,72

5,98

1810-1829

2,00

2,12

3,86

4,77

5,76

6,13

Tabella 1. Numero medio di figli in relazione alla durata del matrimonio.

*numero medio calcolato escludendo le donne che non hanno avuto figli

Table 1. Average number of children related to the marriage length.

* average number calculated excluding women who did not have children

 

Il numero medio di figli per donna (escludendo quelle che dovrebbero non averne avuti) aumenta progressivamente nei primi tre ventenni (Fig.4), passando da 4,7 a 6,2; successivamente cala, fluttuando tra 5,3 e 5,8 a testa.

 

Figura 4. Numero medio di figli per donna.

* numero medio calcolato escludendo le donne che non hanno avuto figli.

Figure 4. Average number of children per woman.

* average number calculated excluding women who did not have children.

 

La fitness presenta un progressivo aumento. Le donne che hanno almeno un figlio che raggiunge l’età riproduttiva, sono poco più del 70% nel 1670-1689; aumentano progressivamente, dall’83% all’88% nei cento anni successivi fino a raggiungere oltre il 90% dal 1790 (Tab. 2).

 

Anni

Donne con figli

Donne con discendenza

Donne    senza discendenza

Donne con discendenza ignota

1670-1689

 

153

 

110

(71,90%)

29

(18,95%)

14

(9,15%)

1690-1709

 

178

 

148

(83,15%)

18

(10,11%)

12

(6,74%)

1710-1729

 

138

 

116

(84,06%)

14

(10,14%)

8

(5,80%)

1730-1749

 

160

 

135

(84,37%)

16

(10,00%)

9

(5,63%)

1750-1769

 

160

 

136

(85,00%)

11

(6,88%)

13

(8,12%)

1770-1789

 

146

 

128

(87,78%)

9

(6,16%)

9

(6,16%)

1790-1809

 

173

 

157

(90,75%)

13

(7,51%)

3

(1,73%)

1810-1829

 

191

 

174

(91,10%)

8

(4,19%)

9

(4,71%)

Tabella 2 . Fitness delle donne.

Table 2 . Women's Fitness.

 

Opportunità di selezione

Le tabelle 3 e 4 mostrano i valori dell’indice di Crow (It) e delle componenti Im, If e If/Ps.

Il trend di variazione di It sembra identificare due periodi: un primo periodo dal 1670 fino alla metà del XVIII secolo, nel quale It presenta un andamento relativamente costante e un secondo periodo caratterizzato da una progressiva diminuzione; il valore si riduce di oltre il 50% dal 1670-1689 al 1810-1829 se consideriamo solo i sopravvissuti certi (Tab. 3), mentre nel secondo caso (Tab. 4) It risulta decisamente inferiore e la differenza tra il primo e l’ultimo periodo è meno marcata.

Una migliore comprensione del trend di It si ottiene analizzandone le componenti.

Considerando le tabelle 3 e 4 si osserva che la frazione Pd si mantiene su valori prossimi allo 0,5 fino alla metà del 1700, per poi diminuire progressivamente a partire dal terzo periodo considerato con un decremento totale del 30%.

Mentre il numero medio di figli µ per donna con il tempo tende ad assumere un valore costante, la differenza tra la varianza e tale valore è sempre alta, ad eccezione del periodo 1790-1809 dove è di 1,08, e raggiunge il valore massimo di 4,1 nel 1730-1749 (Tab. 3-4). 

I valori di Im scendono da 1,628 del 1670-1689 a 0,767 nell’ultimo periodo. Se consideriamo come sopravvissuti tutti i bambini di cui non si è trovato il decesso Im passa da 1,233 a 0,628. Im presenta un trend del tutto conforme a quello di It come evidenziato dalla correlazione altamente significativa (Fig. 5 - 6).

 

Indice di Crow

1670-1689

1690-1709

1710-1729

1730-1749

1750-1769

1770-1789

1790-1809

1810-1829

Mortalità

ps

0,34

0,36

0,35

0,35

0,42

0,41

0,51

0,51

pd

0,55

0,51

0,55

0,54

0,48

0,48

0,41

0,39

Im

1,63

1,41

1,58

1,55

1,16

1,17

0,79

0,77

Fecondità

N

153,00

178,00

138,00

160,00

160,00

146,00

173,00

191,00

μ

4,76

5,96

6,25

5,43

5,84

5,53

5,64

5,61

σ2

7,44

9,30

9,34

9,53

8,04

7,96

6,72

7,65

If

0,33

0,26

0,24

0,32

0,24

0,26

0,21

0,24

Totale

If/ps

0,97

0,72

0,68

0,93

0,57

0,63

0,41

0,48

It

2,60

2,13

2,26

2,47

1,73

1,79

1,20

1,25

Tabella 3. Indice di Crow calcolato considerando solo i sopravvissuti certi.

Table 3. Crow index calculated considering only the certain survivors.

 

Indice di Crow

 

1670-1689*

1690-1709*

1710-1729*

1730-1749*

1750-1769*

1780-1789*

1800-1809*

1810-1829*

Mortalità

ps

0,45

0,49

0,45

0,46

0,52

0,52

0,59

0,62

 

pd

0,55

0,51

0,55

0,54

0,48

0,48

0,41

0,39

 

Im

1,23

1,05

1,23

1,17

0,94

0,93

0,68

0,63

Fecondità

N

153,00

178,00

138,00

160,00

160,00

146,00

173,00

191,00

 

μ

4,76

5,96

6,25

5,43

5,84

5,53

5,64

5,61

 

σ2

7,44

9,30

9,34

9,53

8,04

7,96

6,72

7,65

 

If

0,33

0,26

0,24

0,32

0,24

0,26

0,21

0,24

Totale

If/ps

0,73

0,54

0,53

0,70

0,46

0,50

0,36

0,39

 

It

1,97

1,59

1,76

1,87

1,39

1,43

1,04

1,02

Tabella 4. Indice di Crow calcolato considerando come sopravvissuti anche coloro per il quali non si è trovato l’atto del decesso.

Table 4. Crow index calculated considering as survivors even those for which we did not find the act of death.

 

Figura 5. Im vs It calcolato considerando solo i giovani che sicuramente hanno raggiunto i 16 anni di età.

Figure 5. Im vs It calculated considering only the youngsters who certainly reached the age of 16.

 

Figura 6. Im vs It calcolato considerando tutti i giovani che hanno raggiunto i 16 anni di età, compresi quelli di cui non è stato trovato l’atto di decesso.

Figure 6. Im vs It calculated considering all youngsters who reached the age of 16, including those for which we did not find the act of death.

 

Relativamente costante risulta invece la componente If che, salvo i due ventenni iniziali in cui è poco superiore a 0,3, mentre negli altri oscilla tra 0,21 e 0,26.

Nella tabella 5 sono riportati i contributi relativi di Im e di If rispetto a  It (%Im/It e % If/It).

Il contributo corrispondente della mortalità differenziale sulla selezione è considerevole in tutto il periodo ed è sempre superiore al 60%.

Il contributo relativo di If è scarso: poco oltre il 12% tra il 1670 e il 1709, scende al 10,5% nel 1710-1729, dopo di che aumenta progressivamente per raggiungere il valore massimo di 19,5% nell’ultimo ventennio.

 

Anni

Im

If

If*

1670-1689

62,71

12,65

16,70

1690-1709

66,15

12,33

16,51

1710-1729

69,77

10,58

13,55

1730-1749

62,48

13,10

17,29

1750-1769

67,24

13,65

16,91

1770-1789

65,06

14,44

18,12

1790-1809

65,77

17,53

20,34

1810-1829

61,45

19,45

23,75

Tabella 5. Contributi relativi di Im e If su It  (%Im/It e % If/It).

Table 5. Im and If related contributions on It

 

Come si può osservare dalla figura 7, i valori di It sono in relazione inversa rispetto alla frazione Ps.

 

Figura 7. Relazione tra It e Ps

Figure 7. Relationship between It and Ps

 

L’esclusione dei giovani per i quali non è stato reperito l’atto di decesso porta senz’altro ad una sovrastima dei valori di It, mentre considerarli come sopravvissuti oltre i 16 anni ne comporta una sottostima, poiché non si può escludere che una certa percentuale di questi non sia sopravvissuta: il più attendibile valore di It è quindi un valore intermedio tra i due, più spostato verso l’uno o verso l‘altro, in relazione alla reale sopravvivenza all’età riproduttiva.

 

Discussione

La struttura dei matrimoni, l'età dei coniugi, la mortalità e la fecondità differenziale, la consanguineità e le migrazioni sono i fattori fondamentali nell’evoluzione di una popolazione.

Nel periodo considerato Chiomonte si presenta con le caratteristiche classiche di una comunità di Ancien Régime di piccole dimensioni: il numero dei matrimoni - e conseguentemente delle nascite - varia considerevolmente da un anno all’altro, anche in relazione a eventi contingenti.

A Chiomonte i cambiamenti che, a livello economico e sociale, si sono verificati tra il 1670 e il 1830, hanno avuto ripercussioni su alcuni aspetti relativi alla struttura e alla discendenza delle famiglie. L'aumento della durata media della vita ha comportato anche un prolungamento della durata dei matrimoni che ha determinato a sua volta, come prima conseguenza, un incremento del numero di donne che alla fine del matrimonio avevano raggiunto e superato i 45 anni, portando a termine il loro periodo riproduttivo.

Come riscontrato anche in altre comunità (Navarra, 1998) tanto più è giovane la donna al momento del matrimonio tanto maggiore è la possibilità di avere un numero più elevato di figli. Nei periodi studiati, infatti, non sono validi i modelli riproduttivi che caratterizzano le popolazioni attuali.

Il ruolo dei fattori più legati ad aspetti genetici e meno influenzati da quelli ambientali può essere dedotto valutando il peso della mortalità neonatale, che statisticamente è dovuta prevalentemente a fattori endogeni. Essa rappresenta sempre oltre il 26% degli eventi, con un massimo di oltre 30% nel 1799-1809. Pur supponendo che non tutti i decessi avvenuti in questa fascia di età siano dovuti esclusivamente a fattori endogeni, indubbiamente quelli genetici rivestono un ruolo importante sull’ammontare della mortalità preriproduttiva.

I valori di It e delle sue componenti riscontrati nel nostro campione sono paragonabili a quelli osservati in Piemonte nel 1871 e nel periodo 1872-81 (Terrenato et al., 1979). I valori osservati a Chiomonte anticipano di circa 50 anni quelli globali del Piemonte: questo dato è compatibile con una più bassa mortalità infantile osservata in ambiente di montagna rispetto ai centri di pianura (Viazzo, 1994). Alti valori di It sono noti in popolazioni storiche caratterizzate da alta mortalità infantile; quando questa comincia a diminuire e aumenta la componente fecondità, It tende ad abbassarsi. In Italia l’indice si è ridotto del 75% nel corso del XIX secolo; il suo valore, osservato a Chiomonte, nell’ultimo periodo risulta inferiore a quello (1,960) riferito all’Italia nel 1871 (Terrenato et al., 1979). Anche in zone rurali dell’Europa centrale tra il 1765 e il 1899 sono stati osservati valori di It paragonabili a quelli del nostro campione (Nowak et al., 2013).

I valori di If risultano invece molto bassi rispetto a quelli osservati in Piemonte nel 1871 (0,651) (Terrenato et al., 1979). Nel nostro caso If  presenta poche variazioni, nonostante il numero medio di figli presenti delle oscillazioni, in quanto la varianza si mantiene sempre alta. If  diventa determinante solo quando il livello di mortalità infantile è molto basso, quindi quando il valore di Im  scende.

L’importanza di If è osservata in altre comunità: quella basca, dove tale indice presenta un alto contributo anche se solo a partire dall’inizio del XX secolo (Alfonso-Sanchez et al., 2004); in comunità attuali dell’Andhra Pradesh (Lakhmi et al., 2005; Hed, 1987); in due gruppi di russi, dove la componente che caratterizza la fecondità differenziale (If) supera quella della mortalità infantile (Im) (Tabikhanova and Osipova, 2012); in altre comunità indiane dove migliori condizioni di vita e di salute sono state indicate come possibile causa di un valore di If considerevolmente maggiore di quello di Im (Sohklhlet, 2013).

It si abbassa progressivamente in quanto il peso della componente rappresentata dalla frazione di mortalità preriproduttiva tende a diminuire. Negli ultimi periodi la componente legata alla fecondità comincia ad aumentare: si hanno le prime avvisaglie dei cambiamenti che si verificano nelle società, legati al miglioramento delle condizioni che porteranno questo fattore ad assumere sempre maggiore rilevanza, fino a diventare attualmente l'elemento determinante del valore dell'indice di opportunità di selezione naturale.

Sulla base dei risultati ottenuti possiamo concludere che la popolazione in esame è stata caratterizzata da una alta selezione naturale, influenzata sia dai fattori culturali che da quelli biologici, che ne ha fortemente condizionato lo sviluppo.

Fino fine del XVIII secolo le nascite infatti non riescono a compensare le gravi perdite subite in conseguenza delle crisi di mortalità; il saldo naturale risulta ancora negativo sebbene nell’ultimo ventennio del XVIII secolo si verifichi una inversione di tendenza: sono le prime avvisaglie della transizione demografica (Chesnais, 1986). Il numero di figli per donna si mantiene relativamente costante e alto per tutto il periodo analizzato, siamo infatti in un’epoca caratterizzata da alta fecondità conseguente allo scarso o nullo controllo delle nascite. Solo quando comincia a calare la mortalità infantile e un numero più alto di soggetti raggiunge l’età riproduttiva, con conseguente diminuzione di It, la popolazione tende ad aumentare: il fattore positivo legato alla natalità riesce a compensare quello negativo rappresentato dalla mortalità.

La diminuzione della mortalità preriproduttiva e in particolare di quella infantile, seppur debole, rappresenta una delle conseguenze dell’inizio del miglioramento delle condizioni ecologiche, economiche e sociali che caratterizza i paesi europei all’inizio del XIX secolo.

 

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